lunedì 14 ottobre 2013

Le Storie #13 - Il Moschettiere di Ferro. O di come ti comprimo una storia..

Premessa necessaria
Leggendo questa storia mi sono tornate alla mente alcune considerazioni. La prima era mia personale ed era già stata indicata nelle recensione de "La rivolta dei Sepoy" (Le Storie #3) e in quella di "Ritorno a Berlino" (Le Storie #6) quando parlavo di belle storie che però erano più adatte al formato di una miniserie che a quello di un singolo albo. 
La seconda è una considerazione fatta da Michele Medda (il papà di Nathan Never e della bellissima mini "Caravan" e tante altre cose ancora) quando in una recente intervista (questa) indicava la necessità di dare vita a delle miniserie in formato ancora più ridotto di quello attuale ovvero non più di 12,14 o 18 albi, ma anche solo 3-4 come si fa in altre parti del mondo. E sinceramente sono del tutto d'accordo con lui. 



Cosa se... 
Perché diciamocelo: cosa ne sarebbe uscito da un soggetto come quello ideato da Giovanni Gualdoni con 3 o 4 albi a disposizione? Se anziché far correre i protagonisti da una parte all'altra della Francia avesse potuto approfondirne la psicologia? Se avesse potuto intervallare a dovere ogni singola scena d'azione e spiegare qualcosa in più? Ovviamente io non so se Gualdoni avesse pensato ad un formato diverso accentando poi di puntare su una soluzione in chiave minore, ma il dubbio resta forte.
Perché la storia che hai letto aveva tutto per essere fantastica. Sfumature steampunk, misteri oscuri, l'avventura nella sua accezione più pura, l'amore per il romanzo ottocentesco, il cavaliere solitario e senza macchia e tanto altro ancora. Aveva, ma.... Perché manca lo spazio e così ogni elemento sopra indicato risulta appena abbozzato, i tanti personaggi potenzialmente interessanti (l'automa, il duca di Enghien, la bella Eloise) alla fine appaiono un insieme di stereotipi a cui l'autore si arrende per carenza di spazio e tempo narrativo. Per non parlare di tutta una serie di vicende secondarie e di figure di contorno che vengono introdotte e poi abbandonate a se stesse (la setta delle assassine, la Corte dei Miracoli, il riferimento a due moschettieri molto famosi e lo stesso D'Artagnan).
E vedere come si consuma in fretta e furia il rapporto "padre-figlio" tra il moschettiere di ferro ed il giocattolaio lascia l'amaro in bocca perchè ti rendi conto che poteva essere un momento strepitoso che però ti è stato sottratto. 


Disegni 
Lo stesso Pontrelli sembra soffrire della fretta e delle forzature a cui la storia è costretto, sbalzato da un'ambientazione tetra a un sotterraneo per poi finire su una spiaggia finendo con il fornire una buona prova, ma senza riuscire a fare la differenza. 

Concludendo 
Cosa avremmo avuto tra le mani se Gualdoni avesse avuto a disposizione 300-400 pagine e non solo 110? Forse una storia bellissima ed estremamente sorprendente capace di coniugare la narrativa moderna a quella passata. Forse. A conti fati abbiamo una storia salvata dalla ricchezza di idee e da una sceneggiatura che fa del suo meglio per nascondere sotto al tappeto alcuni buchi narrativi, ma che alla lunga mostra segni di logoramento. 
Non darai un voto. Perchè, probabilmente sbagliando, resti convinto che l'idea originale fosse diversa e molto più ambiziosa. Vuoi crederci... 


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