domenica 29 gennaio 2012

Legion 75. Il Lato Oscuro

A due mesi di distanza torno a parlare di Legion 75 (qui la recensione del primo albo).
Premetto che ero davvero curioso di leggere il proseguo delle avventure di Byron Truman nel 1975 e dell'Uomo senza Nome nel mondo post-apocalittico del 1985. Questo perchè il primo albo ("Londra Brucia") mi aveva decisamente convinto grazie ad un mix di azione ben congegnata e l'ottima caratterizzazione dei personaggi che entravano in scena. 



Dubbi e perplessità. 
Peccato che parte di quelle ottime premesse vada un po' perdendosi in questo secondo numero (per la cronaca  il titolo è "Il Lato Oscuro"). Motivo: non succede quasi nulla di rilevante e quel poco va disperdendosi in mezzo a una serie senza fine di sparatorie ed esplosioni. 

Detta più nello specifico: se il primo scontro in cui il lettore si imbatte, quello tra Byron e la strana creatura senza volto, altro non è che la logica prosecuzione del primo albo (dove appunto i due si incontravano in una scena che veniva lasciata appositamente in sospeso), meno facile diventa giustificare alcuni dei combattimenti sostenuti dall'Uomo senza Nome. Non credo, per esempio, fosse necessario l'incontro con i mostri per farlo entrare nel Faro sulla spiaggia. Ne tantomeno per condurlo al suo secondo incontro con il Ganglio. Certo, tutto serve a tenere altissimo il ritmo, ma alla fine resta il fatto che tali scene non aggiungono nulla alla trama. 

Altrettanto superflua risulta la relazione tra Byron e Santiago. Specie se si tiene conto di come finisce questa sotto-trama... non che appesantisca l'albo, ma neppure lo arricchisce (per non parlare del fatto che Byron si priva dell'unica fonte di informazioni sulla Sovereign di cui dispone...non esattamente una mossa geniale). 

Qualche dubbio (qualcosa di più di "qualche" in verità) sorge anche in relazione al piano di Caliban e all'intera struttura segreta che lo supporta (la Sovereign appunto). Che Caliban possa essere un povero pazzo con deliri di onnipotenza ci sta e la parte gli calza a pennello. Un po' meno che agenti dell'MI6 abbiamo deciso di aiutare un pazzo tradendo il paese e l'umanità intera. Non è infatti chiaro che cosa ci guadagnino Rosewater e Santiago nel supportare un piano che prevede la creazione di una razza destinata ad annientare l'umanità intera... Come invece si siano procurati risorse tanto ingenti suppongo lo sapremo più avanti, quindi il giudizio complessivo su questo aspetto resta in sospeso, ma di fatto al momento qualche dubbio lo fa sorgere.

Cose buone.
Byron è decisamente un personaggio ben pensato. Un demone senza alcuna umanità quando spara. E un uomo che lascia trasparire un grave conflitto interiore quando si trova in compagnia di Sophie. E appunto Sophie. Poco presente nel primo albo, ma decisamente rilevante qui. E anche molto apprezzabile, specie quando interagisce con Byron. Bene anche la parte vagamente "orrorifica" in cui Sophie fa da vittima inerte di Calban. 

La parte dell'Uomo senza Nome non mi ha convinto quasi per nulla, tuttavia l'ultimo capitolo a lui dedicato riscatta discretamente le pagine precedenti. 

Disegni. 
Lo stile di Renato Riccio (per il 1975) non  è tra i miei preferiti. Non che non sia bravo, ma si tratta di gusti personali. Quindi evito di commentare, visto che non sarei molto oggettivo. Bergamo (per il 1985) comincia e finisce bene, salvo perdersi nel mezzo. Nel complesso, comunque, una prova più che discreta. 

Voto complessivo: 6.5 

P.S: comunque resto dell'idea che si tratti di una buona miniserie dalle notevoli potenzialità. 

mercoledì 25 gennaio 2012

Intevista a Perniola

Rimando a questa intervista a Mirko Perniola su Lo Spazio Bianco. Chi è Perniola? Un giovane autore che si è già distinto per alcuni albi di Zagor e Nathan Never. E che a partire dal numero 250 di Nathan Never diventerà (assieme a Rigamonti) il principale autore della testata (anche se, con mia somma gioia, pare che Vietti abbia parecchio ancora in serbo per l'agente alfa).

Buona lettura

domenica 22 gennaio 2012

Dampyr n.142. I Fantasmi del distretto 6

Certamente un buon albo questo Dampyr n. 142. Alla seconda prova consecutiva in questa serie (la quarta complessivamente) Claudio Falco si conferma decisamente un buon autore in sintonia con i gusti dei lettori.
Ovviamente sia chiaro che non stiamo parlando di un capolavoro inarrivabile, ma di certo la lettura delle 94 pagine procede senza intoppi e senza fatica, con un ottimo dosaggio di azione e senza che la trama venga mai appesantita da inutili spiegazioni. 

Qualche difetto però c'è. Uno in particolare riguarda l'ambientazione stessa della trama. Ai lettori del Dampyr  l'Africa evoca felici ricordi, in particolare legati alla figura di Jan Vathek, uno dei più riusciti e "amati" maestri della notte. A sua volta il Sudafrica, a lungo terra di soprusi e violenze, emana un certo fascino. Un fascino che il lettore immagina di ritrovare dopo la lettura delle primissime pagine di questo albo. Senza però trovare la soddisfazione sperata. Infatti il Sudafrica e la storia del distretto 6 alla fine rimangono sullo sfondo, sopraffatte da una molto meno evocativa trama incentrata sul classico giro di affari sporchi gestiti da un nuovo Maestro della Notte, interessato ad espandere i suoi interessi. Un peccato, perchè l'inizio era davvero promettente e di spunti lodevoli ce ne sono molti.

Resta, invece, ancora abbozzata anche la figura di Victor Laforge. Cosa che pare in sintonia con la decisione di farne un nemico di lunga durata e non il classico maestro della notte destinato a spegnersi in un solo albo (anche se un solo numero fu sufficiente per fare di Akhar Nun un personaggio memorabile...). Al momento tuttavia non sembra si possa scorgere nulla di particolarmente originale nel personaggio. Ma staremo a vedere. 

Tali difetti, che pure era doveroso far notare, non rendono comunque l'albo meno godibile e la lettura risulta ugualmente sempre godibile. E questo non è poco. In particolare, vale la pena ricordarlo, l'azione non è mai troppo scontata e anche lo scontro tra Harlan e Victor è decisamente meno ovvio di quello che si vede solitamente. 

Quanti ai disegni ho gradito decisamente il tratto di Michele Benevento. Forse qualche sbavatura qua e la, ma di certo nulla che possa far venir meno, almeno da parte mia, un certo piacere per gli occhi. In particolare mi ha convinto la raffigurazione di Laforge. 

In conclusione. Un buon albo, che lascia qualcosa a livello di sceneggiatura (proprio per lo scarso utilizzo del contesto nel quale è ambientata la storia), ma che introduce un nuovo importante nemico. Il tutto accompagnato da un'ottima prova ai pennelli. 

Voto(complessivo): 7. 

sabato 21 gennaio 2012

Fear Itself. Non ci siamo.

Fear Itself cominciava bene. Su questo resto della mia idea. Peccato che poi sia diventata una noia. Arrivato al terzo numero della miniserie (quarto se contiamo il numero 0, cosa che non ha molto senso fare cmq...) non c'è una sola riflessione da fare. Anzi...appare tutto scontato e molto prevedibile. Devo dire che solo non siamo al livello di Civil War (che rimane il picco massimo raggiunto dalla Marvel negli ultimi 10-15 anni insieme ad House of M), ma siamo anche molto al di sotto di alti crossover meno amati (per fare un esempio ho preferito di molto anche Secret Invasion e Assedio....).
Finora abbiamo avuto un ottimo primo numero, un secondo numero quasi inutile e privo di conclusione che si trascina in un terzo numero nel quale si combatte senza però creare grande pathos.. e la sorpresa finale (del terzo volume) era pure molto "spoilerata", specie per i lettori della serie regolare di Capitan America....
Il punto dolente è rappresentato dal fatto che è difficile dare la colpa della cosa a Matt Fraction, che con il poco spazio a disposizione non può certo fare miracoli.
Per fortuna, almeno questa, ci si può consolare con i disegni di Immonen. Alcune pagine sono da incorniciare.
Di fondo però la serie rimane comunque una delusione... amen, sarà per un'altra volta...

lunedì 16 gennaio 2012

Opinione su Age Of X

Terminata la lettura del secondo e conclusivo volume di Age of X il primo commento che mi passa per la testa è molto semplice e pure un po' banale, ma tanto vale che lo scriva lo stesso: davvero una bella storia.
E non è un complimento di comodo, perchè siamo davvero di fronte ad una saga che, sebbene non epocale, si lascia apprezzare in tutti i suoi aspetti. 

Mike Carey non si limita a narrare la guerra tra i mutanti, oramai alle strette e costretti ad una terribile lotta quotidiana per la sopravvivenza, e un'umanità oramai impazzita, paranoica e assetata di sangue, ma ci fa vivere i drammi dei singoli personaggi coinvolti. 
A tal proposito risulta molto apprezzabile l'idea di narrare la  storia precedente alla creazione della Fortezza X tramite i racconti dei singoli rifugiati. Assistiamo così alla terribile storia di Ciclope/Basilisk e al dramma dei fratelli Guthrie (Cannonball e Husk), nonchè alla rocambolesca e spettacolare fuga di un gruppo di mutanti grazie all'intervento di Magneto. 

Si diceva però dei personaggi. Nessuna novità tra i protagonisti, ma ciò non di meno si può negare l'abilità dell'autore nel tratteggiare in modo nuovo personaggi noti. Bellissima la figura di Ciclope, qui completamente privato della sua anima da un'umanità crudele che ne ha fatto un mostro. Altrettanto impeccabile Magneto, perfetto nella parte del generale spietato e disposto a qualsiasi sacrificio per difendere la causa alla quale ha dedicato la vita. Nota di merito a parte per Rogue alias "la Mietitrice", davvero il personaggio più riuscito, tanto da sperare che qualcosa di questa versione si salvi. Perdiamo invece Wolverine, vittima volontaria e consapevole di un tremendo sacrificio per il bene dei Mutanti. 

Bella inoltre la parte nella quale ci viene narrata la storia dei Vendicatori di questo strano mondo. Colpisce in positivo la figura quasi satanica di Bruce Banner, divorato dall'odio cieco nei confronti dei mutanti, rei, in questa riscrittura, di averlo trasformato nel mostro verde. Difficile poi non apprezzare Iron Man in versione "Cadavere d'acciaio" o la versione diabolica di Jessica Drew.

Una saga nella quale funziona tutto e il lettore può lasciarsi felicemente trasportare, riuscendo perfino a provare un minimo di stupore di fronte alla soluzione finale della trama.

Bella storia davvero. Leggete e godetene tutti.  

sabato 7 gennaio 2012

Terra Nova. Che due p...e!

Terra Nova, la serie evento, la serie più costosa della storia, la serie che fa dello spettacolo il suo dogma. Ok, evidentemente se queste erano le premesse significa che ho visto qualcosa di diverso, perché io queste belle cosucce non le ho assolutamente notate.

Partiamo dal principio.
La serie inizia bene, nulla da dire. L’idea in se non è scontata ed ha qualche barlume (ad oggi raro) di originalità. Vediamo un attimo.

Per farla breve la Terra nel 2149 è completamente devastata dall’inquinamento e pertanto è quasi inabitabile. La più grande speranza dell’umanità, oramai costretta ad affrontare una situazione senza possibilità di rimedio, è rappresentata da una distorsione spazio-temporale che collega il presente alla Terra del passato. Un passato molto remoto visto che si parla di 85 milioni anni addietro.
Protagonista della serie è la famiglia Shannon che verrà appunto selezionata per far parte dei fortunati che potranno raggiungere il passato incontaminato e paradisiaco e ricominciare da capo.
Lasciando perdere alcuni eventi che accadono nel mezzo la famigliola felice arriva nel “nuovo” mondo dove prende posto nella colonia di Terra Nova (che fantasia…), faro di speranza dell’umanità sotto la guida illuminata del comandante Taylor.
Inutile dire che non tutto è bello e pacifico come sembra e che tutti i difetti umani che hanno portato alla distruzione del mondo nel 2149 si sono trasferiti anche nel passato.

Si d’accordo, ma poi? (tanto per citare Califano)

Dopo le prime due puntate, che va detto sono decisamente ben pensate e realizzate, la serie si spegne, salvo trovare qualche lampo di luce nel finale. Per il resto la trama si trascina stancamente da una puntata all’altra senza aggiungere nulla alle tematiche iniziali e senza approfondirle.
Non che manchino gli spunti: il traumatico rapporto tra il capitano Taylor e il figlio e quello tra i coloni e i Sixers ne sono buon esempio. Ma questi spunti restano sulla carta e vengono utilizzati come espedienti di maniera, utili ad allungare un po’ il brodo.
Infatti se c’è qualcosa che da davvero fastidio è la banalità e assenza di profondità dei protagonisti. Jim Shannon è lo sbirro onesto senza alcun dubbio di coscienza(1), il capitano Taylor è l’eroe invitto al servizio della causa e del bene comune, Mira è la cattiva non troppo cattiva e Lucas è il bastardo senza possibilità di redenzione. Ci sarebbero anche altri personaggi, ma trovarne uno che non risponda ad un preciso stereotipo è davvero difficile. Prendete la famiglia Shannon, tanto per fare un esempio. Una famiglia finta come poche, ideale, perfetta, con il classico figlio un po’ indisciplinato che finisce spesso nei guai e le figlie che invece sono assolutamente ideali. Tutto qui.  

Ma dicevamo della trama.

Dalla puntata 3 alla puntata 8 lo schema è sempre lo stesso. Un po’ di azione, trame che non portano avanti la continuity,  un paio di discorsi carichi di retorica (e di regola terribilmente scontati) e alla fine, al termine della puntata, la classica scenetta di due minuti che serve a creare quel tanto di suspense che da un po’ di senso ai 45 minuti precedenti e fa sperare in qualcosa per il futuro. Tanto che alla fine viene da pensare che si potesse ridurre tutta la serie a 6-7 puntate senza alcun danno.

Poi arriva il gran finale, che da di nuovo senso al tutto, o almeno ci prova. Per tutta la serie aspettiamo di scoprire chi sono i “cattivi” che agiscono nell’ombra e che minacciano l’ultima speranza della razza umana. Peccato che quando alla fine ci vengono presentati risultano del tutto privi di carisma e non possiamo dubitare neanche per un secondo che possano avere la meglio sui “buoni”. Infine finale “cliffhanger” tanto per rimandarci ad una seconda stagione (che dovrebbe essere in preparazione).  Anche se la domanda spontanea è: perché dovremmo essere ansiosi di assistere ad una seconda stagione? La risposta la ignoro.

Sia chiaro: la mia non è una bocciatura a tutto tondo, ma sicuramente le perplessità sono davvero tante e i difetti sono talmente congeniti  che pare difficile poter sperare in un incremento della qualità con la prossima stagione. Mah, se avrò voglia vedrò….





(1) e di sbirri “normali” e perfettamente “puliti” se ne vedono sempre meno in tv e per un motivo molto semplice: i buoni senza ombre annoiano. 

venerdì 6 gennaio 2012

Forse non tutti sanno che...

Tanto per tornare in tema boiate, mi pare giusto omaggiare il più grande genio artistico della storia recente (e non solo italiana). Chi è? Che domanda imbarazzante.....Maccio Capatonda ovviamente 


P.S.: viva lo Zoo!

domenica 1 gennaio 2012

1Q84

Ed eccoci qui a recensire "1Q84", l'ennesimo libro del solito Murakami Haruki (preferisco la formula giapponese che prevede il cognome prima del nome..da loro si fa così). Premessa di carattere personale: per quanto io sia un lettore accanito non mi era mai capitato di appassionarmi al tal punto dell'opera di un singolo autore da arrivare a leggerne 5 libri consecutivamente e senza interruzione alcuna (1).
Date le premesse è prevedibile che quello che è stato definito "il capolavoro di Murakami" non possa che avermi entusiasmato. E in effetti è proprio così (anche se a dire il vero non sono l'unico, leggete anche qui).

Ma andiamo con ordine.
La trama
Come sempre i personaggi messi in scena da Murakami sono molto pochi e ancora una volta assistiamo al dipanarsi di due storie differenti che finiscono per incrociarsi tra loro (espediente che gli riesce sempre benissimo va detto). Da una parte Aomame, giovane istruttrice di palestra, dal passato decisamente difficile a causa di una famiglia fortemente religiosa e oppressiva e sconvolta dal suicidio della sua unica vera amica, fatto questo che ne segnerà la personalità in modo molto profondo. Da una parte infatti Aomame non prova alcun interesse a relazionarsi con gli altri, dall'altra decide di dedicarsi a un'attività decisamente pericolosa: gli omicidi su commissione. Non un sicario, ne un serial killer, dal momento che non lo fa ne per soldi ne per piacere. Infatti solo un'anziana signora può darle tale incarico e solo un preciso tipo di uomini merita tale sorte.

Dall'altra parte c'è Tengo, uno scrittore che ancora non ha pubblicato un solo libro e che si mantiene insegnando matematica alla scuola preparatoria (2). Un ragazzo di talento ma a cui manca qualcosa, un po' di cattiveria in più per poter sfruttare il suo talento e arrivare a realizzare qualcosa di importante. Un giorno nella sua vita tranquilla accade qualcosa di semplice ma devastante: il suo editore, che di lui ha grande stima, gli propone di riscrivere il libro di una giovane e bellissima ragazza di 17 anni. Un libro criptico, oscuro, ma affascinante dal titolo altrettanto enigmatico: "La crisalide d'aria". La ragazza che lo ha scritto è Fukaeri, bella e misteriosa, che soffre di dislessia e sembra decisamente incapace di provare veramente emozioni.

Tutto qui?
No. C'è di mezzo un tassista che in un giorno di traffico consiglia ad Aomame un  passaggio per uscire a piedi dal traffico, proiettandola, forse, in un altro mondo. Un mondo in cui ci sono due lune.  Ed un mondo nel quale la storia narrata da Fukaeri e riscritta da Tengo non è esattamente pura finzione, ma solo un diario di qualcosa di vero. Qui è dove ci sono i "Little people", oscure entità, ne benigne ne malvagie, ma solo interessate a tessere la loro "crisalide d'aria". E infine un mondo nel quale due persone lontane che si amano e si cercano senza saperlo sono costrette a fare delle scelte, talvolta drammatiche, pur di salvare qualcosa o qualcuno che va oltre la loro stessa comprensione.

Come sempre non è la finzione la parte migliore.
La trama trasmette al lettore un profondo senso di angoscia e di tensione che non si scioglie se non all'ultima pagina. Ma come sempre nelle opere di Murakami non è la storia in se la parte che più affascina il lettore.
Semmai quello che lascia a bocca aperta è la capacità di far vivere i personaggi, come fossero reali, come se noi stessi li avessimo sempre conosciuti. Tengo e Aomame sono veri e vivi. E come noi soffrono, sperano, sognano, vivono cercando di capire, di cogliere qualcosa e si cullano in un sogno. Reagiscono agli eventi con naturalezza, cercano anche di dimenticare e hanno paura di quello che amano, perchè temono di perderlo.
Non si può rimanere insensibili davanti al fascino di Aomame, scorrere le pagine senza rimanere turbati dalla triste esistenza che ha condotto, dal vuoto che la divora, ne si può mancare di ammirare profondamente il coraggio con il quale affronta tutto quello che accade. Non si può non provare una fitta al cuore quando finalmente "decide" (e non posso dire altro).
Come sempre i personaggi vengono prima della storia. Fukaeri, enigmatica, priva di espressività, indipendente eppure così indifesa domina la scena più della stessa storia che essa racconta. Davanti al rapporto tra Tengo e il padre (e tra Tengo e la vita reale) passa in secondo piano anche il fascino di un mondo in cui è apparsa, ignorata da tutti, una seconda Luna.

In fin dei conti è un romanzo che racconta di vite non vissute, di persone che hanno perso l'occasione della vita e che per inerzia non trovano la forza di rimediare. A meno che le cose non cambino e nel cielo sorga una nuova Luna. 

In conclusione
Una perla. Un libro bellissimo che trasporta il lettore pagina dopo pagina fino al finale. E che accresce l'attesa per il necessario seguito di prossima uscita.



(1) finora ho recensito solo "Dance Dance Dance" e il meraviglioso (non posso fare a meno di sottolinearlo anche qui) "Norwegian Wood". Prima o poi dovrò dedicarmi alla recensione di "Kafka sulla spiaggia" e "A sud del confine, a ovest del sole".
(2) le scuole preparatorie sono degli istituti nei quali ci si prepara per i complicatissimi esami di ammissione alle università a numero chiuso. Non sono obbligatorie e non ci sono esami, si frequentano solo le lezioni e si svolgono parecchie esercitazioni. Lo so, per certe cose il Giappone è davvero un grande paese :-)